Grangia del Ceci
Detta anche Casino o Torre del Ceci, domina gran parte del territorio costiero (piana di Sajnaro) appartenente alla Grangia di Montauro (S. Anna). Il complesso, attualmente purtroppo in stato di avanzato degrado e abbandono, si è andato sviluppando nel tempo intorno ad un torrione a base quadrangolare. Chiesa del Ceci Attorno ad una corte centrale si sono concentrate strutture abitative (servili e Grangia del Ceci vista dal mare padronali) e di trasformazione dei prodotti del territorio: un frantoio, magazzini, stalle semisotterranee, concimaie, una calcara, una grossa cisterna. Nel suo piccolo rappresenta un microcosmo (c’era anche una chiesa) abbastanza autosufficiente, in grado in ogni caso di gestire e curare probabilmente la porzione costiera e, in caso di attacco dal mare, di riparare o, quanto meno consentire una fuga protetta. La torre centrale si può attribuire agli anni finali del 500, presentando le stesse caratteristiche tecniche del recinto della Grangia di S. Anna e della torre campanaria di Montauro, il resto degli edifici presenta una data su un portale (1662) precedente agli anni del terremoto. L’intero complesso divenne di proprietà privata a seguito delle vendite di beni ecclesiastici operate dalla Cassa Sacra e fu regolarmente abitato fino a metà del ‘900.
l termine Grangia, o grancia, deriva dal bassolatino granea e dal francese grange ed indica inizialmente un luogo dove si conserva il grano (lat. granarium), ma assume in seguito l’uso di azienda agricola che gestisce terreni e pascoli appartenenti soprattutto ad enti ecclesiastici. Lo sfruttamento dei possedimenti veniva attuato con l'aiuto di uomini legati direttamente alla Casa madre, conversi, inabili o servitori laici.
Tra la fine dell'XI e gli inizi del XII secolo le fonti attribuiscono al normanno Conte Ruggero la donazione a S. Bruno ed al suo gruppo di certosini di un territorio nel cuore della Diocesi di Squillace (oggi in provincia di Catanzaro) comprendente i casali di Aurunco, Montauro e Oliviano.
Questo territorio viene gestito dapprima tramite la creazione di una cella ('Mentauri cella') con una vicina chiesa ed infine attraverso una vera e propria grangia, dedicata a S. Giacomo, con strutture adeguate di raccolta e lavorazione delle materie prime. Gestita da un Procuratore e sottoposta all’autorità del Magister di S. Maria si distingueva per il tenore meno rigoroso (religioso e climatico).
Nel 1120/1121 nei dintorni di S. Maria viene fondato il monastero di S. Stefano del Bosco in seguito dedicato a S. Bruno, oggi Certosa di Serra San Bruno, in provincia di Vibo Valentia.
Il territorio gestito dalla Grangia certosina si definisce nel corso del XII e XIII secolo attraverso donazioni o scambi di terreni.
A partire dal 1146 la maggior parte del territorio di Gasperina ('terram quendam quae Gasperina dicitur'), appartenente ai monaci di Mileto (Melitensi) viene acquistata dai certosini ed incorporata nei beni della grangia.
Alla fine del XII secolo (anni 1192/93) la Certosa ed i suoi possedimenti passano sotto l’osservanza dell’ordine cistercense, come dipendenza dell’abbazia di Fossanova Dalla fondazione al cambio di gestione il monastero era stato retto da 14 maestri, ora viene retto da abati nullius, che amministrano i casali sorti sui possedimenti ereditati dai certosini.
In seguito al cambio di gestione la grangia viene dedicata a S. Anna, anche se il vecchio titolo di S. Giacomo è attestato almeno fino a metà del ‘200.
Nel corso del XII e XIV secolo alcuni dei casali gestiti dalla Grangia scompaiono (Aurunco ed Oliviano) mentre si sviluppa il centro di Montepaone che ben presto entrerà nell’orbita di Squillace.
A partire dal 1514 la Certosa ed i suoi possedimenti ritornano all'ordine certosino.
Agli inizi del ‘500 la Grangia di S. Anna è composta dalla Chiesa di S. Anna, da un ‘palazzo’ ed alcuni edifici annessi. Le appartengono i terreni circostanti, fino alla costa, gestiti con vari tipi di contratti di affitto, le case e la piena giurisdizione spirituale delle chiese del territorio (S. Pantaleone in Montauro e S. Nicola a Gasperina).
I terreni venivano affittati infatti con canoni in denaro o in natura. In questo caso con quote in genere di 1/3 della resa dell’olio e della semina, un quarto del vino e della frutta.
La gestione dei gelsi e delle sue foglie (di cui si nutre il baco da seta) era direttamenteIl territorio appartenente dalla Grangia era segnato in alcuni punti con una croce ed una S impressi su rocce o sulle cortecce degli alberi controllata dagli uomini del monastero, altrimenti si pretendeva un terzo o un quarto della resa del fogliame.
Il territorio appartenente alla Grangia era segnato in alcuni punti con una croce ed una S impressi su rocce o sulle cortecce degli alberi.
In seguito al ritorno certosino tutti i vecchi canoni di affitto verranno raddoppiati ed inizierà una lunga sequela di cause per riprendere terreni usurpati dai feudatari confinanti.
A partire dalla seconda metà del ‘500, anche in seguito al riacutizzarsi del fenomeno delle scorrerie saracene che il territorio della grangia di S. Anna, e probabilmente la grangia stessa, si ‘monumentalizza’ con i grandiosi lavori di restauro ed abbellimento degli edifici sacri più importanti a Montauro e Gasperina. Nel territorio della Certosa operano ormai maestranze specializzate ed artisti che innalzano il livello estetico ed architettonico dei vari centri e dei monumenti pricipali come le chiese di Montauro e Gasperina
Nella prima metà del ‘600 il territorio della Grangia subisce importanti razzie saracene. La cronaca del Lottelli riferisce di pesanti incursioni nel 1644 e 1645 e definisce la Grangia arce ben munita e fortificata e difficile da espugnare .
Nel 1693 l’abate Pacichelli visita la Calabria e così descrive la Grangia di S. Anna : ‘Di là da Gasparina, e Montauro, Terre per dominio del Conte Rogerio possedute dalla Certosa, cennate, e vedute, siede in quella stessa parte montana Sant’Anna, dipendente nobil Grancia, chiusa di mura con ponte levatojo e porta di ferro in forma di Cittadella, comod’habitatione dè Regali Ministri nel lor passaggio, che in guisa di Giardini spande le Massarie’ .
Il terremoto del 1783 sconvolse la regione provocando circa 30.000 vittime e la distruzione ed il lesionamento di gran parte degli edifici, compresa la Certosa ed i suoi possedimenti, tra cui la Grangia di S. Anna.