San Pantaleone

La dedica a S. Pantaleone fa subito pensare a una prima fondazione della chiesa in età medievale: la storia dell’edificio è comunque legata a quella più generale del territorio che fa capo al "Casale" di Montauro.

Il complesso potrebbe avere avuto origine da una struttura fortificata (donjon) il cui modello è stato importato in Italia dai Normanni.

L’edificio si trova all’estremità orientale del paese, al margine della collina dove il pendio degrada bruscamente verso la costa, in una posizione da cui si domina tutto il golfo di Squillace. 

Quella che vediamo oggi è la chiesa in parte ricostruita a seguito del terremoto del 1783, ma la sua prima fondazione risale al 1569, allorché il culto di San Pantaleone giunse a queste latitudini dal Medio Oriente. 

L’aspetto esterno dell’edificio, con la grossa torre all’angolo nord-ovest e le numerose feritoie, è certamente più simile a quello di una fortezza che non a quello di una chiesa, soprattutto se pensiamo che la facciata originaria doveva essere totalmente diversa da quella odierna.

L’edificio, utilizzato almeno dal ‘500 come edificio sacro dedicato a San Pantaleone, presenta feritoie ai bassi piani ma anche numerose aperture ai piani alti realizzate queste ultime in occasione dei vari interventi sulla chiesa dei sec. XVII e XVIII.

Alla fine del XII sec. cominciano a perfezionarsi le armi da getto ed il tiro piombante proveniente dai piani alti delle murature dei fortilizi non sembra sufficiente. Le feritoie e le arciere scendono di quota, verso il piano di campagna, per poi scomparire definitivamente  verso la fine del XIV sec. Le feritoie della Chiesa di S.Pantaleone  in origine erano ricavate nella  muratura inquadrati da blocchi di calcarenite svasati, forse a definire una arciera. Successivamente sono state  ribassate e ridisegnate ad arco schiacciato, con l’ausilio di pietre di granito grigio. Infine, in concomitanza con i maggiori interventi dell’edificio, ormai consacrato, le aperture sono state murate. 

Sul lato esterno meridionale, sono visibili due doppie feritoie da riferire, assieme alle altre sette superiori, alla ristrutturazione del 1569; le tre grandi finestre rettangolari, disposte in modo irregolare, sono pertinenti ad una fase recente, posteriori al 1783 sono anche i cinque finestroni con arco a tutto sesto posti nella parte più alta. 

Di grande interesse sono le due monofore (quella ad ovest è oggi appena visibile perché murata) per il momento unica testimonianza della prima fase edilizia, medioevale, successivamente modificata dagli interventi cinquecenteschi e, dopo il terremoto del 1783, dalla creazione dell'ambiente sulla navata laterale destra con le relative finestre. 

Anche il lato est, quello contenente l'abside, presenta all'esterno un profilo rettilineo, di modo che l'aspetto volumetrico dell'edificio viene ad essere quello di un grosso parallelepipedo a pianta rettangolare, rigidamente squadrato.

Le quattro feritoie sono contemporanee della fortificazione del XVI secolo. Il grosso finestrone rettangolare centrale, rifinito ai margini da una cornice, è forse quanto resta di un rimaneggiamento del XVII secolo come sembrerebbe testimoniato dalla data 1652 (?), incisa sulla cornice. 

Il lato a nord presenta molte analogie con quello a sud: le quattro finestre in alto, disposte in modo simmetrico rispetto a quelle dell'altro lato, cosi come le due monofore medioevali, di cui una murata, e le feritoie di difesa. 

Sul lato ovest è collocata la facciata con un bel portale a bugnato, con l'arco chiuso in chiave da uno stemma con croce greca, datato da un'inscrizione sullo stipite nord al 1519. 

Al portale si accede tramite uno scalone in pietra, recante incisa su uno dei gradini, la data di costruzione 1609. 

Tutta la facciata, inquadrata da doppie lesene e sormontata da un timpano, è di recente impostazione, come testimonia l'epigrafe di marmo inserita nella muratura subito sopra il portale, con l'iscrizione: "Terribilis est locus iste / hic domus dei est 1828 ”. 

Al centro in alto c'è un rosone ovale, oggi contenente l'immagine a mosaico policromo del santo patrono fatta realizzare e collocare di recente al posto dell'originario dipinto ottocentesco; al di sotto è riportata la stessa frase "Ne timeas Montaure protector tuus sum", che ritroviamo nell'affresco all'interno della chiesa, subito a sinistra dell'entrata. 

La torre campanaria è stata eretta nella metà del XVI sec. in seguito al ritorno certosino e presenta numerose analogie con la cortina muraria della Grangia di S.Anna (o San Giacomo) anche nella presenza di feritoie. La parte superiore, ricordata nell’affresco interno della Chiesa, è crollata in seguito al sisma del 1873. 

L'interno è diviso in tre navate da due file di quattro colonne in pietra che scandiscono cinque cappelle laterali per parte. La tipologia delle colonne fa ipotizzare un reimpiego di materiali provenienti da un altro edificio o appartenenti ad una fase più antica della chiesa. La navata centrale, più alta delle laterali è coperta da un soffitto ligneo dipinto, da poco restaurato con abbondanti integrazioni.

La Chiesa conserva le reliquie di San Pantaleone: si tratta di un frammento osseo probabilmente del torace del Santo Medico e soprattutto dell’ampolla contenente il suo sangue, oggetto di autentica venerazione non solo dai fedeli montauresi. Come il più famoso sangue di San Gennaro, infatti, anche quello nell’ampolla di San Pantaleone presentò lo stesso inspiegabile fenomeno. La chiesa di Montauro si addobba a festa il 27 luglio, giorno in cui giunse l’ampolla del sangue di San Pantaleone, ed anche il 5 di febbraio, allorché la cittadinanza ringrazia il Santo per la sua protezione durante il sisma del 1783: nonostante la scossa fu violentissima, infatti, nessun montaurese perse la vita.

Ai lati dell'ingresso vi sono due affreschi paesistici commemoranti l'arrivo delle due reliquie di San Pantaleone a Montauro. Quello nord rappresenta l'arrivo del frammento dell'osso della nuca e reca iscritta la stessa frase posta sull'ingresso: Ne timeas Montaure, protector tuus sum". Quello sud si riferisce all'arrivo del sangue del santo nel 1753, come testimonia la stessa iscrizione e pare applicare la tecnica di un film, dallo sbarco all’arrivo. Mostra la grangia di Sant’Anna com’era prima del terremoto del 1783, una fortezza appartenente alla Certosa.

La data della prima esecuzione di tali affreschi è da porsi probabilmente in epoca posteriore al terremoto del 1783. 

L'altare maggiore della chiesa è decorato da marmi policromi intarsiati e risulta datato da un'iscrizione, posta sul retro del tabernacolo, al 1774. 

Sul retro sono visibili i resti di un altare, forse più antico, con due grosse girali in pietra. Dietro l'altare maggiore è collocato un coro ligneo intagliato del XVII secolo. Sopra di lui, vi sono due grandi affreschi, firmati e datati da un'iscrizione posta sulla base: "Dominicus Costantinus pingebat 1523"

VISITA AL MUSEO DI MONTAURO

Nei locali sopra la navata laterale destra, per appassionata iniziativa del parroco Rev. Emidio Commodaro, è stato allestito un piccolo museo in cui sono raccolti, oltre agli arredi e ai documenti sacri, molti strumenti, arnesi ed oggetti di lavoro, preziosa testimonianza della cultura prevalentemente agricola di un piccolo paese calabrese dall'ottocento ai giorni nostri. 

Entrando nel museo, sulla destra, vi sono le foto di tutti i portali che abbelliscono il centro storico di Montauro, risalenti al secolo XVIII. Procedendo sempre sulla destra, tra antichi quadri e fotografie, si trovano: . un armadio nel quale è conservata l'argenteria che risale al secolo XVI; · un armadio nel quale sono conservate le pianete di rito romano (1890); · antiche croci d'altare e reliquiari molto preziosi. In fondo al museo in una saletta sono conservati documenti di vita familiare e contadina dell'antica Montauro: . un antico telaio ricostruito con tutti i singoli pezzi; . donna vestita da "pacchiana"; · un’antica ruota di carro; . vecchie ceste; . zappe . basto d'asino; . una vecchia unità di misura "u menzu cahisu"; . forme di legno per le scarpe; . una vecchia "sciarria" che serviva per il bucato; . una "maroffa" che serviva per seccare la frutta; · un vecchio "manganello" che è l'antenato secolare delle moderne industrie tessili; · un antico arnese che serviva alle donne di casa per raccogliere la matassa chiamato "nimuledru" parola che deriva dal latino "animula". 

Uscendo dalla saletta dell'antica civiltà contadina di Montauro, sulla destra sono custoditi: · vecchi "Messali" dove sono riportati i canti in Gregoriano; · un "Messale Romanum" edito a Napoli nel 1775; · sette canne d'organo che testimoniano l'antica esistenza di una "cantoria”; · un antichissimo quadro dell'Addolorata curato da Giuseppe Calabretta. 

Vi sono inoltre: · un crocifisso; · due antichi particolari di tabernacolo; . due fogli di carta della vecchia congrega "l’ADDOLORATA". Uno scaffale contenente: · un libro d'antiche cronache; esso è aperto e vi si legge: - anno 1783 – Nell'anno 1783 vi è stato un terremoto così tremendo che rovinò quasi tutta quest’intera provincia di Calabria... 

Nell'ultimo scaffale a destra sono custoditi oggetti in argento assai preziosi: . un calice esposto a Catanzaro nella mostra organizzata nel 1995; . una pisside; · due incensieri; . un pregiatissimo ostensorio; . una croce in stile; . un secchiello; · due candelieri.

Prima di uscire dal museo sono conservati oggetti religiosi tra cui un Cristo morto che da secoli, per tradizione, si depone tra le braccia dell'Addolorata il venerdì Santo dopo il canto del Patibolo.

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