la Grangia di Gagliato

Circa sei secoli fa, in territorio di Gagliato ,nella località sottostante al costone detto «’U Monacu», poco distante dal centro abitato, sorgeva una gràngia certosina, cioè magazzini per i raccolti e abitazioni attigue che, a sua volta, era stata edificata su un precedente insediamento di monaci bizantini o italogreci per cui la zona circostante era detta Grecìa. Quella gràngia, era un convento avente giurisdizione su un vasto podere, coltivato a vigneti ed uliveti, che da quel poggio si estendeva fin quasi al greto del sottostante torrente Ancinale. Quel cenobio subì molte incursioni turchesche comprovate da alcuni ruderi scampati al trascorrere del tempo e all’incuria degli uomini. A quei tempi si poteva intravedere la torre di guardia, munita di una specola di avvistamento. Quella finestrella circolare permetteva alla vista dell’osservatore di spaziare ad angolo piatto abbracciando tutto il Golfo di Squillace, fino alle aride marne di Punta Stilo. Nel sottosuolo invece esisteva un camminamento lungo quasi due chilometri, che dal convento sboccava nella valle quasi in riva all’Ancinale. Quel segreto cunicolo serviva ai pacifici anacoreti per mettersi in salvo dalle azioni piratesche dei saraceni che, dal mare, si addentravano nelle zone interne per molti chilometri, saccheggiando i paesi e terrorizzando gli abitanti. Il terremoto della mezzanotte del 5 novembre del 1659 produsse alla grangia notevoli danni. Nel 1741 un rappresentante della grancia di Gagliato presentava la rivela delle terre che la stessa possedeva in Chiaravalle a testimonianza del legame tra i due paesi e della vastità del territorio controllato. Gli ultimi eremiti abbandonarono il convento immediatamente dopo le forti scosse telluriche del 5-10 febbraio e del 28 marzo 1783, che diedero alla grangia certosina gagliatese il colpo di grazia con danni irreparabili, per cui fu necessario trasferire altrove la piccola comunità monastica. Il Vitale nella lirica Fra i ruderi del convento di Gagliato, rammenta poeticamente quella triste fine: «Pur queste mirici di proci aulivano / nel fruscio lieve di bianche tonache; / or, su questi salmi non brucia incenso: / parla il silenzio». Un silenzio che richiama il bisogno di dar voce alla storia secolare di questi luoghi ancora avvolti nel mistero. 

 

Gagliato archeologica

GAGLIATO ARCHEOLOGICA

Da Rodano a Sant’Antonino, passando per la Ravaschiera, Petraro e Malandrano, sul lato sud dell’Ancinale e da contrada Martelli a Casteriuni passando per Turriti e Lagonia, sul lato Nord dell’Ancinale, i rinvenimenti archeologici non sono mancati; alcuni documentati dalla Soprintendenza (come le tombe di Petraro), altri clandestinati come la piccola necropoli di Turriti “saccheggiata e distrutta da malaccorti trafugatori” come cita il prof. Sia nel suo libro “Satriano antica Cecino città della Magna Grecia. E inoltre i toponimi che ci riportano all’età medievale: S. Angelo, S. Stefano, S. Ippolito, Monastero di Panaijri, San Brasi.

Ci soffermeremo per ora soltanto sulle tracce archeologiche rinvenute a “Casteriuni”.

“Casteriuni”, come in altri numerosi casi, è certamente riferito a fortificazioni antiche e proprio su questo luogo sono state compiute attività di ricerca con risultati importanti.

            Con il Progetto dell’Istituto Tecnico per Geometri “G. Malafarina” di Soverato, guidato al tempo dal preside Domenico Servello, che si è avvalso della collaborazione della Soprintendenza Archeologica nella persona della dott.ssa Aisa e dell’archeologa preistorica A.M.Tucci, nell’anno scolastico 2009/10 sono state eseguite ricognizioni approfondite sul versante Nord dell’Ancinale, nell’area compresa tra i limiti territoriali Satriano - Gagliato, lungo la strada provinciale e quella del depuratore di Gagliato, oggi località Gomeno.

Come afferma lo stesso scrittore Ranieri, i confini territoriali attuali non coincidono con quelli antichi e la località “casteriuni” era territorio di Satriano. L’area archeologica indagata definita “Gomeno”, è – di fatto – un’estensione di “Casteriuni” con le medesime caratteristiche orografiche.

La ricerca effettuata ha consentito di raccogliere 6 cassette di materiale ceramico anche di pregio, materiale che va dalla fine del VII (età protostorica) alla fine del IV sec. a.C., manufatti prodotti in magna Grecia ma di fattura greca: anfore (massaliota) da trasporto (V-III sec. a.C.), anfora corinzia B, basamento di bacino (bacile), arule (piccoli altari per uso domestico), coppa ionica, Kilix, (coppa biansata) (prima metà IV sec.a C.), boccaglio di lekitos (contenitore per profumi), Skiphos (altra tipologia con anse sopraelevate rispetto all’orlo), piede di un cratere, peso da telaio, Pithoi.

Inoltre, è stato individuato il basamento di un imponente muro. 

Il rinvenimento di oggetti miniaturistici e lo studio dell’area, ha consentito alla dott.ssa Aisa di ipotizzare la presenza di un santuario dove questi oggetti avevano funzione di ex voto.

L’area era una postazione di controllo della valle, sito di controllo sulla direttrice che collegava la costa con l’entroterra e i traffici commerciali di pece, legname e altro, punto di confine tra le popolazioni indigene e i colonizzatori al tempo della fondazione delle colonie Magnogreche.

Il centro fortificato visse fino al periodo ellenistico e decadde con l’arrivo dei romani che non avevano più alcuna necessità di difendersi.

Inoltre non bisogna dimenticare dei numerosi rinvenimenti numerosi in occasione degli sbancamenti della Str. Provinciale “Gagliato mare” negli anni Settanta.

Il sito archeologico di loc. Gomeno

Con il Progetto dell’ist. per Geometri, guidato dal preside Servello, che si è avvalso della collaborazione della Soprintendenza Archeologica nella persona della dott.ssa Aisa, oltre all’archeologa preistorica Tucci, sono state eseguite ricognizioni approfondite sul versante Nord dell’Ancinale, nell’area che va dal confine tra Satriano e Gagliato, lungo la strada provinciale e finisce al depuratore di Gagliato, oggi località Gomeno.

Come afferma lo stesso scrittore Ranieri, i confini territoriali attuali non coincidono con quelli antichi e la località “casteriuni” era tutta territorio di Satriano. L’area archeologica indagata definita “Gomeno”, è – di fatto – un’estensione di Casteriuni con le medesime caratteristiche orografiche.

La ricerca effettuata soltanto due anni fa, ha consentito di raccogliere 6 cassette di materiale ceramico anche di pregio, materiale che va dalla fine del VII (età protostorica) alla fine del IV sec. a.C., manufatti prodotti in magna grecia ma di fattura greca: anfore (massaliota) da trasporto (V-III sec. a.C.), anfora corinzia B, basamento di bacino (bacile), arule (piccoli altari per uso domestico), coppa ionica, Kilix, (coppa biansata) (prima metà IV sec.a C.), boccaglio di lekitos (contenitore per profumi), Skiphos (altra tipologia con anse sopraelevate rispetto all’orlo), piede di un cratere, peso da telaio,  Pithoi. 

Inoltre, è stata documentata la traccia di un imponente muro.  

Il rinvenimento di oggetti miniaturistici e lo studio dell’area, ha consentito alla dott.ssa Aisa di ipotizzare la presenza di un santuario dove questi oggetti avevano funzione di ex voto.

L’area era una postazione di controllo della valle, Sito di controllo sulla direttrice che collegava la costa con l’entroterra e i traffici commerciali di pece, legname e altro.

Punto di confine tra le popolazioni indigene e i colonizzatori al tempo della fondazioni delle colonie Magnogreche.

Il centro fortificato visse fino al periodo ellenistico e decadde con l’arrivo dei romani che non avevano più alcuna necessità di difendersi.

Inoltre non bisogna dimenticare dei rinvenimenti numerosi in occasione degli sbancamenti della Str. Provinciale “Gagliato mare”. Il sito rimane purtroppo senza alcuna tutela e quindi soggetta a continui clandestinamenti.