Santa Caterina dello Ionio
Un territorio dotato di immense risorse naturali, ricco di storia e di insoliti e incantevoli paesaggi.
8 Km di costa con un mare straordinariamente ricco che custodisce anche carichi di navi romane con anfore vinarie, segno dei traffici commerciali che interessavano quest’area; in passato sono stati rinvenuti importantissimi reperti di età classica e romana, purtroppo trafugati, altri di epoche successive a infine relitti dell’ultima guerra.
Una spiaggia bianchissima dove nidificano le tartarughe caretta caretta e ampi spazi di duna marittima ricca di particolari varietà di piante altrove scomparse.
Le pianure e le prime colline erano caratterizzate da estesi vigneti, oggi molto ridimensionati e sostituiti da uliveti.
La tradizione vitivinicola ha costituito da secoli una delle importanti risorse di Santa Caterina tanto da connotarne l’intero territorio e la sua storia. Una maestranza importante di Santa Caterina era quella degli scalpellini e forse questo abbinamento ha dato vita a delle peculiarità uniche in quest’area territoriale.
Il territorio sale dolcemente costeggiato a sud da catene di calanchi che da soli valgono la visita; al suo interno due corsi d’acqua con valli ricche di storia e tradizioni.
Lungo le vallate dei due torrenti Munita e Ponzo si conservano antiche testimonianze di edilizia rurale come mulini, lavatoi, senie, gebbie, jazzi e masserie; i vari manufatti sfruttavano la pendenza del terreno per distribuire l’acqua.
Le senie o nore in particolare, erano dei pozzi di origine araba per l’estrazione dell’acqua dal sottosuolo. Il congegno era a trazione animale e utilizzava un complesso meccanismo d’ingranaggi a ruote dentate; un nastro ruotava verticalmente portando con sé delle vaschette o brocche che arrivate in fondo al pozzo si riempivano e risalendo travasavano l’acqua in una canaletta che confluiva in una grande vasca detta "gebbia" dall'arabo gorgo.
Ma la vera singolarità di questi luoghi sta nella presenza di antichi palmenti, manufatti funzionali alla produzione del vino, scavati nella pietra granitica. La vasca superiore funzionale alla pigiatura e alla spremitura dei grappoli e quella inferiore per raccogliere il mosto.
La scoperta del primo manufatto a opera dal gruppo archeologico P.Orsi è proseguita grazie anche a due validi collaboratori, al tempo amministratori: il sindaco Domenico Criniti e l’assessore Raffaele Giannini.
Con grande sorpresa ed entusiasmo sono state ripercorse valli e colline rinvenendo diverse tipologie di palmenti: i più rudimentali e forse più antichi, di dimensioni ridotte e forma irregolare, formati da un’unica vasca; quelli formati da due vasche di forma irregolare e collegati da una canaletta e quelli più evoluti, di dimensioni a volta notevoli, con vasche di forma regolare.
Nel tempo la forma si era evoluta per consentire uno sfruttamento maggiore dell’uva.
In taluni casi questi manufatti utilizzavano due o tre blocchi di pietra distinti, assemblati e collegati da apposite canalette.
Difficile la datazione in mancanza di approfondite ricerche da parte della Soprintendenza ma le croci incise sulla parete che separa e collega le due vasche sono certamente indicative: i palmenti più rudimentali presentano croce greca; quelli di dimensioni maggiori e forme più evolute hanno croce latina. Sono questi elementi, associati alla toponomastica e alla vicinanza di grotte, che inducono a proporre una datazione medievale: greca prima e poi latina.
I palmenti sono localizzati spesso sulle alture, allo scoperto e in posizione ben esposta; raramente nelle valli.
Altra peculiarità di questi luoghi sono le numerose grotte.
Si tratta di cavità artificiali ubicate nelle vallate di cui alcune abitate fino al secolo scorso; frequentemente singole e in comunicazione visiva, altre volte raggruppate. Anche per le grotte vale il binomio “toponomastica – palmento” e anche queste, sebbene in rari casi, presentano al loro interno delle croci incise sulle pareti. Da notare che la roccia arenaria nelle quali sono state scavate tali grotte è molto friabile e mal si presta a conservare tracce così antiche. Inoltre è da tenere in considerazione la vicinanza con Stilo dove la presenza monastica è ben documentata.
Dal fondovalle del Ponzo dove si concentrano mulini, canalizzazioni idriche, gebbie e il lavatoio, si risaliva al borgo percorrendo faticosamente una ripida mulattiera.
Il borgo di SANTA CATERINA SULLO IONIO, arroccato sullo sperone che guarda da lontano il mare, era naturalmente fortificato sui versanti Nord, Sud ed Est.
Il paese consta di due nuclei urbani: l'antico paese arroccato sulle colline alle spalle della montagna e la frazione marina, che si sviluppa lungo la strada statale dando origine ad attività commerciali e turistiche.
Il centro storico conserva ancora una serie di Chiese settecentesche e palazzi signorili a testimonianza della storia di questa comunità.
Non si conosce la data precisa della formazione in senso urbano ed organizzato di questo Comune ma si desume che una prima comunità di Santa Caterina cominciò a formarsi intorno al X secolo.
Sono del 1060 le notizie che documentano come Santa Caterina faceva parte della Contea di Badolato.
Nel 1487 la Casa di Arena (ossia dei Concublet) fu coinvolta nella congiura dei Baroni e quindi spodestata. La terra di S. Caterina passò sotto il dominio del Conte Alberico a Barbiano, pronipote di Alberico il Vecchio.
Il 30 giugno 1685 il borgo di Santa Caterina passò sotto il dominio del feudatario Erasmo Marzano. In questo periodo fu costruita la fortezza-castello nel punto più alto dell’agglomerato urbano, oggi non più esistente.
Questo, come molti altri della costa calabra, era il centro vitale di un’economia rurale che ruotava attorno alla coltivazione della vite, degli uliveti e degli agrumeti.
I paesaggi emozionano per la loro bellezza e consentono di comprendere la particolarità di questo territorio, con le fiumare alternate a catene di calanchi, chilometri di spiaggia bianca e le dune, ricche di biodiversità ormai rara, che degradano dolcemente verso il mare.
Su queste spiagge ancora poco affollate e poco alterate dall’uomo, nidificano le tartarughe Caretta Caretta.
Qui, più che altrove, è necessario agire per la conservazione delle specie, prendendo consapevolezza dell’importanza di tali siti per rispettarli e conservarli.