Petrizzi

 

Petrizzi, piccolo centro dell’entroterra calabrese, posto su una collina che si affaccia sullo Ionio, ha un passato molto antico che vede i primi insediamenti risalenti all’epoca preistorica come testimoniano le due pietre lavorate ritrovate nei pressi dell’attuale abitato. 

In epoca protostorica e storica mancano dati certi sull’abitato che avrebbe, però, dovuto essere una mansio, un luogo di sosta lungo i faticosi viaggi che si facevano dalla costa verso l’interno del territorio calabro.

Il toponimo Petrizzi si trova anche in Grecia e fa riferimento all’orografia fatta di graniti, da ciò molto probabilmente significa zona pietrosa.

Dati certi collocano la fondazione dell’abitato di Petrizzi intorno al IX-X secolo d.C. a seguito della migrazione forzata dei monaci basiliani e alla presenza saracena sulle coste calabre.

Proprio ai monaci basiliani, che intorno al VI-VII secolo d.C. per sfuggire alla persecuzione voluta dall’imperatore Leone III Isaurico si rifugiarono in Sicilia e in Calabria, si attribuisce la fondazione di un cenobio/laura nella zona nota come Pietà intorno al quale dovettero sorgere dei piccoli villaggi di contadini che coltivavano le terre dei monaci. Questi piccoli villaggi sono rintracciabili nella toponomastica di molte zone, ormai agricole, del territorio petrizzese che portano nomi soprattutto di santi come San Minà, San Martino, San Basile, Sant’Agazio, Madonna da’ Litra.

IL CONVENTO DI SANTA MARIA DELLA PIETÀ

“U Cummento” così come si ricorda nella tradizione popolare, venne fondato nel 1510 da Padre Francesco Marini da Zumpano dell’ordine degli Agostiniani riformati, nel territorio che all’epoca apparteneva a Soverato su invito di Goffredo Borgia principe di Squillace.
Ne rimangono i ruderi del convento più tardo, del XVI secolo, un corpo unico che si sviluppa su quattro lati con chiostro centrale porticato con alti pilastri e archi a tutto sesto realizzati con legname e pietra locale. L’intero complesso dovette assumere l’aspetto di una vera fortezza con torri angolari, un luogo fortificato a protezione dalle incursioni barbaresche, come testimoniano i documenti d’archivio che indicano anche il campanile, oggi tronco, come un punto di estrema difesa. All’interno del convento era custodita la statua della Madonna della Pietà (1521) opera dello scultore siciliano Antonello Gagini.
La statua, realizzata in marmo bianco di Carrara, raffigura la Deposizione con la Vergine che regge il corpo morto del Cristo e nel basamento San Michele Arcangelo, San Tommaso d’Aquino che calpesta Averroè e San Giovanni Battista.

Sul convento si ricordano tante storie autentiche e leggende popolari come quella riguardante la statua della Pietà contesa tra gli abitanti di Soverato e Petrizzi.

“Si racconta che la statua, contesa tra le due popolazioni, venne posta su un carro trainato da due buoi e senza conducente ed affidata alla volontà di Dio. Arrivati ad un bivio, gli animali, si indirizzarono verso il borgo di Soverato. La statua venne collocata nella Chiesa Matrice di Maria Santissima Addolorata dove tuttora è custodita”

Dal chiostro si raggiungono due piccole cappelle, mentre all’esterno, affiancata al monastero, è la chiesa maggiore, in stato di rudere dopo i danni subiti dal terremoto del 1783. La struttura, in stile gotico, è a croce latina con navata centrale e due cappelle laterali con volte a crociera.

“Il convento dovette avere un’importanza fondamentale nello sviluppo dell’abitato di Petrizzi e a tal proposito si deve menzionare la fiera della Pietà. Una grande fiera annuale che si svolgeva nella località nota come Bandiera, perché vi veniva posta la bandiera dell’Università. Ricordata tuttora da anziani e giovani, iniziava l’8 settembre e durava 8 giorni con lo scopo di rifornire la popolazione per l’intero anno.”

Le continue incursioni barbaresche, il terremoto che colpì la Calabria nel 1783, i saccheggi perpetrati dalle truppe napoleoniche nel 1806 e in ultimo la soppressione degli ordini religiosi dettata dalle leggi eversive emanate da Napoleone, segnarono il definitivo declino e abbandono del convento.

Acquistata dalla famiglia Corapi, l’intero complesso è stato finemente restaurato e l’area agricola circostante bonificata con la realizzazione di una struttura ricettiva privata per soggiorni e banchetti e un’azienda agricola. Recentemente è stata dichiarata bene d’interesse storico ed artistico dal Ministero dei beni culturali.

Durante il X secolo le città calabre furono duramente colpite dalle incursioni barbaresche che, sempre più frequenti, spinsero le popolazioni che abitavano sulle coste o in città esposte agli attacchi a rifugiarsi sulle colline. Probabilmente furono questi eventi che diedero vita all’abitato di Petrizzi, un borgo con castello fortezza cinto da mura all’interno delle quali dovevano essere le case.

“Quando le flotte turche approdarono sulle coste calabresi devastarono tutte le città sia sulla costa che nell’entroterra. Si racconta che nel 986 i turchi gettarono le ancore in quel tratto dello Ionio che va da Soverato a Gerace, e risalendo il fiume Beltrame attaccarono i borghi di Soverato e Petrizzi. I petrizzesi opposero tenace difesa gettando dalle feritoie dell’olio e dell’acqua bollente.”

Dai documenti storici il feudo di Petrizzi è noto in epoca normanna come facente parte della Contea di Squillace, in epoca angioina come Casale ed in proprietà alle diverse famiglie che in quei tempi si succedettero al potere. Nel 1494 ottenuta l’autonomia, dovuta molto probabilmente all’aumento demografico, la Terra (Università) di Petrizzi fu tra i possedimenti della famiglia Borgia, principi di Squillace. Ottenuta la Baronia, Petrizzi passò nei possedimenti di diverse famiglie fino al 1629 quando venne venduta senza patto di riscatto a Salvatore Marincola. I Marincola, nobile famiglia originaria della provincia d’Aragona in Spagna, ne detennero il possesso fino al 1806, anno dell’eversione della feudalità. Petrizzi era stata scelta come residenza abituale dalla famiglia che nel 1642 ne fece una Ducea grazie a Salvatore Marincola che ottenne dal re Filippo IV il titolo di Duca.

Il borgo di Petrizzi si sviluppava lungo il costone che dall’attuale Piazza Regina Elena giunge alfiume Beltrame. A delimitarlo erano il castello fortezza trasformato dai Marincola in un palazzo maestoso così come testimoniano le lapidi in marmo murate sopra il portone d’ingresso e nell’androne. 
L’intero complesso, uno dei più grandi della Calabria, aveva numerose stanze che si sviluppavano su due piani, giardini, peschiere, scuderie, magazzini e carceri, ma danneggiato dal terremoto del 1783 e in stato di abbandono dal XIX secolo, quando i Marincola si trasferirono a Napoli, ne rimane solo una piccola parte acquistata dal Comune e destinata a Municipio.

Dell’antico palazzo rimangono il portale d’ingresso realizzato in pietra finemente lavorata da scalpellini locali, alcuni lacerti dei giardini ristrutturati e fruibili su vari terrazzamenti, un lacerto del camminamento con arco sottostante, ormai distrutto, che congiungeva le varie parti del palazzo e u vagghiu ovvero un cortile esterno del castello.

Mentre della cinta muraria che cingeva l’antico borgo rimangono la Porta e jusu ovvero la porta marina, lacerti di mura, camminamenti ed alcune postierle inglobate nelle costruzioni successive.

Opera dei Marincola fu la realizzazione nel 1640 di un sistema idraulico capace di portare l’acqua nel paese. All’epoca, infatti, la popolazione doveva rifornirsi alle numerose fonti sparse nel territorio ma lontane dal borgo. L’acquedotto partiva da una fonte del Monte La Rosa in località Pedogano con tubuli sotterranei realizzati con tegole che terminavano nella Funtana do Grupu, nell’attuale Piazza Regina Elena. La cisterna di raccolta serviva come fontana a cui la popolazione si riforniva con la vozza, una brocca in terracotta, o “u voliri”, piccola botte in legno, come abbeveratoio per gli animali, e per la Peschiera e i giardini che affiancavano il Palazzo. La cisterna ha subito nel corso del tempo diversi rimaneggiamenti che ne hanno modificato l’aspetto originario tanto che su una fronte è stato ricavato il monumento ai caduti. Mentre per il solo rifornimento del popolo erano la Funtana do Spuntuni con iscrizione e busto in pietra di San Giovanni Neopomiceno, protettore dal pericolo delle acque, danneggiato da colpi di archibugio sparati da banditi nel 1809.

Il lato nord del palazzo ducale si affaccia sulla piazza principale del paese, Piazza Regina Elena, al centro della quale si trova la Rota do chiuppu. Principale luogo di mercato del borgo, qui avvenivano gli scambi delle derrate, le cui quantità si misuravano nella menzalora collocata sui due gradini granitici. I Petrizzesi si ritrovano spesso intorno alla ruota per godersi la frescura che garantisce il pioppo che vi è piantato.
Si racconta che in piazza ce ne fossero tre e che fossero stati piantati nel 1807 per ordine di Giuseppe Bonaparte come simbolo di Libertà.

Percorrendo le vie dell’antico borgo si erge la Chiesa di Maria Santissima della Pietra, la cui prima edificazione risale al XV-XVI secolo. Situata ad una quota più bassa e con un orientamento diverso rispetto all’attuale, il primo edifico venne distrutto dal terremoto del 1783 e ne rimane traccia in alcuni resti inglobati nella struttura successiva. L’edificio attuale, realizzato adoperando il materiale delle rovine della struttura precedente, si presenta a tre navate in pieno stile barocco, la facciata, sacrificata dalle vicine costruzioni, presenta motivi architettonici di fattura classica, imponente la torre campanaria con orologio meccanico e le due campane datate una al 1570 l’altra al 1845. Recentemente restaurata custodisce al suo interno pregevoli altari di fattura serrese e statue risalenti al XVI secolo d.C.

Edificata extramoenia, nella parte alta dell’antico borgo, si trova la Chiesa della Santissima Trinità, nota anche come “a Lirto”. Il primo edificio, realizzato per volontà dei Marincola come cappella gentilizia, risale al XVI secolo e nel corso del tempo ha subito diverse modifiche. La struttura si presenta ad unica navata, con l’altare separato dalla navata da un recinto marmoreo. La facciata è caratterizzata da un portale in granito di stile rinascimentale con portone ligneo e finestrone su cui è posto un ovale con stemma gentilizio e lapide, affiancata da un antico muro la cui sommità funge da piccola torre campanaria con le due campane, risalenti una al 1637 e l’altra al 1650. Al suo interno custodisce le spoglie di alcuni esponenti della famiglia Marincola, pregevoli opere artistiche in barocco napoletano e alcune tele attribuite a Tommaso Martini, inoltre è sede, sin dal 1801, della Congrega della “Vergine Santissima dei Sette Dolori”.

La Chiesetta della Provvidenza si trova all’esterno del paese. La sua costruzione risale al XIX secolo e viene attribuita alla famiglia Comito, si presenta ad un’unica navata, in stile rustico molto semplice sia all’interno che all’esterno, ed è fronteggiata lateralmente da una piccola grotta dove si trova la statua della Madonna della Provvidenza.

In paese vi erano però altri edifici destinati al culto, ormai andati distrutti, come la Chiesa di San Nicola prospiciente la Matrice nella Discesa Crocifisso, la Chiesa dell’Addolorata (cimitero comunale) distrutte entrambi dal terremoto del 1783 e mai più ricostruite, e la Chiesa di Santa Caterina (1200) attorno alla quale si concentrava l’intero borgo, danneggiata dai terremoti del 1783 e 1908 e dall’alluvione del 1945, venne demolita nel 1951.

Petrizzi è stato un rinomato centro artigianale, in particolare era noto per l’abilità dei suoi scalpellini del cui lavoro rimane traccia nei portali, nelle finestre e nei fregi in granito lavorato presenti in tutte le abitazioni del centro storico, così come di fabbri e i falegnami (mastri d’ascia) che ci hanno lasciato vere opere d’arte.

Elisabetta Celia - archeologa

 

 

 panoramica borgo antico con chiesa matrice di Maria SS. della Pietra

 

 

 

 

 

 

 

 

colonna ottagonale granitica lavorata lungo corso Umberto I, unica superstite di un intero colonnato che doveva correre fino ai primi anni del novecento lungo la via principale del borgo nota come “porticato”

 

 

 

 

 

 

 

 

 Chiesa matrice Maria ss. della pietra XVIII secolo facciata

 

 

 

 

 

 

 

 

7 chiesa della madonna della provvidenza XIX secolo.

 

 

 

 

   8 chiesa della SS. Trinita’ XVI secolo facciata

 

 

 

 

 

 

 

 

9 fontana con busto di san Giovanni Neopomiceno che protegge dal pericolo delle acque, riferibile all’acquedotto ducale del XVII secolo.

 

 

 

 

 

 

 

 10 porta e Jusu, arco di accesso XI secolo.

 

 

 

 

 

11 menzalora, unita’ di misura pubblica, realizzata nel 1838 dallo scultore barbara per volere del sindaco vecchi.

 

 

 

 

 

 

 

12 lacerto di cinta muraria xi secolo.