Il terremoto del 1783 in Calabria

Il terremoto del 1783  fu una catastrofe di dimensioni tali da non essere superata nemmeno dal terremoto del 1908. I morti per i crolli furono circa 40.000 (l’8% della popolazione del tempo), ma altre 1500 persone, che si erano riparate sulla spiaggia per sfuggire ai crolli,  morirono perché spazzate via dalle onde di maremoto che seguirono le scosse principali, e altre 18.000 morirono l’estate successiva per un’epidemia di febbri dovute alla situazione di degrado innescata dal terremoto.

La crisi sismica cominciò la notte del 5 febbraio 1783 e durò per ben tre anni, contrassegnata da cinque scosse tra il decimo e l’undicesimo grado, scaglionate nei primi due mesi, con epicentri che si spostavano dalla zona dello stretto verso quella di Catanzaro. Gli effetti distruttivi  si estesero a tutta la Calabria centro-meridionale, a Messina e al suo circondario. Furono totalmente distrutti 182 paesi, dei quali 33 ricostruiti altrove; si formarono ben 200 laghi ed un’intera montagna precipitò in mare nei pressi di Scilla.

In gran parte della regione, la vita sociale ed economica rimase totalmente paralizzata, e la popolazione fu ridotta alla fame.

L’opera di soccorso fu immediata ed esemplare: dalla capitale il re Ferdinando IV di Borbone mandò ingenti somme e ingegneri  per la ricostruzione, che per la prima volta venne fatta in modo pianificato e  sulla base delle prime norme antisismiche emanate dal governo proprio in  occasione di questo evento sismico.

Soverato venne distrutta dalla scossa del 28 marzo 1783. Le cronache di allora parlano di un solo morto, ma di danni ingenti che ammontavano a 15.000 ducati. Anche Soverato  ebbe il suo primo piano regolatore, ma la fretta di ricostruire portò ad abbandonare il vecchio borgo per ricostruirlo altrove (l’attuale Soverato Superiore).  Il paese  abbandonato intraprese così il processo di degradazione fino alle condizioni attuali. 

Il fatto che ci sia stato un solo morto però fa propendere per una versione  diversa,  secondo la quale il paese subì pochissimi danni, ma poiché gli ingegneri del re offrivano la possibilità di ricostruire, i soveratesi ne approfittarono e fecero spostare il centro abitato, portando via dalle vecchie abitazioni perfino gli infissi e gli stipiti,  accentuandone così il degrado.

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Soverato Vecchia

Il sito di Soverato Vecchia si erge su una collina alta m. 95 s.l.m. a circa 1300 metri in linea d’aria dalla linea di costa, accerchiata su tre lati dal torrente Beltrame.

Si tratta di un borgo fortificato la cui fondazione va fatta probabilmente risalire al X secolo d.C. quando i Bizantini, dopo la riconquista  dell’Italia Meridionale ai Longobardi e agli Arabi, promuovono un nuovo programma di occupazione e controllo del territorio che in Calabria trova compimento con la fondazione di importanti siti d’altura tra i quali Nicastro, Cerenzia, Umbriatico e, nell’XI secolo Catanzaro. 

Il sito viene per la prima volta menzionato nel Brébion della Metropoli di Reggio, un documento importantissimo per la ricostruzione della storia della Calabria bizantina, datato intorno al 1050 come momento della sua redazione ma che inquadra la situazione dei possedimenti metropolitani riferibile già al secolo precedente. Nel Brébion il Monastero di San Martino de Skylax et Soubératon (oggi San Martino di Copanello) viene detto dipendere dalla metropoli di Reggio. Sono inoltre citati dei fondi situati nel territorio di Soubératon, appartenenti al monastero di Arsaphia presso Stilo, coltivati a gelso.

Il maggior numero di menzioni è però della prima metà del XIV secolo, in atti dei Papi Clemente V  e Giovanni XXII: nel 1310-1311 Soverato viene definito castrum e nel documento del 1328 viene citata la chiesa di S. Caterina. Del 1542 è la prima menzione della chiesa parrocchiale di S.Maria. Successivamente sono citate due confraternite, quella di S.Giovanni situata fuori dal borgo (a.1565) e quella del SS. Sacramento (a.1609). Fra XVI e XVIII secolo, il borgo è infeudato sotto gli Aragona-Borgia, passando col tempo ad altre famiglie aristocratiche.

Dal punto di vista urbanistico-topografico, l’antico borgo di Soverato si sviluppa in senso ovest-est sulla sommità di una collina naturalmente difesa su tre lati (quelli nord, est e sud), mentre sul quarto (quello ovest) si collega con una sella al gruppo collinare retrostante. La collina è costeggiata dal torrente Beltrame, che la isola e la protegge, nei versanti meridionale ed orientale.

Gli elementi che allo stato attuale maggiormente la caratterizzano sono la cinta muraria, l’abitato, le chiese. 

La cinta muraria 

Allo stato attuale della ricerca è stato possibile individuare l’area del primo incastellamento da localizzare sull’acropoli del borgo, dove compaiono strutture murarie che per tecnica di costruzione e tipologia architettonica potrebbero riferirsi alla fase più antica. Al XIV secolo, momento nel quale Soverato è definita come castrum,  potrebbero appartenere le torri quadrate che, pur tra molte modifiche e sovrapposizioni successive, ancora si leggono nell’attuale circuito murario. A questo periodo risalgono anche alcune feritoie ben visibili e perfettamente conservate in alcuni edifici. Non vi è dubbio sull’importante opera di ristrutturazione operata da Carlo V nelle fortificazioni di tutta la Calabria, dovuta non solo ad un potenziamento delle opere difensive, ma anche al cambiamento delle tecniche di difesa dei castelli. In particolare l’invenzione di nuove macchine da guerra (di difesa e di attacco), portò alla modifica delle architetture. A ciò si deve l’inserzione di un gran numero di bastioni poligonali tutt’oggi ben visibili a Soverato Vecchio.  Le torrette circolari, ne sono visibili tre oggi nel circuito murario, risalgono all’ultimo momento di ristrutturazione del borgo, probabilmente nel XVII secolo.

Oggi il circuito murario è ancora ben visibile nei lati sud-est, sud e nord e si scorge sul versante est una piattaforma inferiore fortificata con tracce imponenti di strutture murarie.

Essendo la collina di Soverato Vecchio protetta verso sud dal costone su cui oggi insiste l’agglomerato di Soverato Superiore, verso questa direzione non si poteva controllare il mare. Per supplire a questa mancanza, un sistema di torri di avvistamento doveva completare il sistema difensivo.

Le chiese

Allo stato attuale della ricerca sono individuabili due edifici di culto: la chiesa di S. Caterina sull’acropoli della città, come abbiamo visto menzionata già agli inizi del XIV secolo e la Chiesa Matrice, citata nella prima metà del XV secolo, localizzata a ridosso del muro di cinta sul margine settentrionale dell’abitato. La chiesa di S. Caterina è l’edificio meglio conservato del borgo. E’ orientata in senso nord-ovest/sud-est, ha pianta rettangolare, a navata unica e allo stato attuale priva di abside. Nell’interno, al centro del piano pavimentale, si apre una cripta voltata a botte, parzialmente scavata e destinata ad ossario. All’esterno, sul lato meridionale, si aprono due monofore. Il lato opposto, quello settentrionale, si apre su un costone roccioso che sovrasta la chiesa e sulla cima del quale è impiantata oggi una croce di ferro. Questo lato è quindi privo di aperture. E’ l’unico edificio del borgo d essere conservato per intero (pur con molte lesioni) e ad essere privo di barbacani. Questi dati fanno supporre che sia stata ricostruita dopo il terremoto del 1783. Nella tessitura delle sue murature si scorge il reimpiego di blocchi lavorati appartenenti alle fasi più antiche.

La chiesa Matrice ha anch’essa impianto rettangolare, privo apparentemente di abside, ma perfettamente orientata in senso est-ovest. L’unico lato conservato in alzato per diversi metri è quello sud, dove un vistoso barbacane fu appoggiato al muro originario della chiesa per rinforzarlo andando ad obliterare due nicchie sormontate da archi a tutto sesto. Ingenti crolli riempiono l’interno, fatto che allo stato attuale impedisce ulteriori osservazioni sulla struttura. Nella tessitura dei muri si scorge il reimpiego di laterizi tardoromani e di blocchi squadrati appartenenti alle fasi più antiche.

L’abitato 

Il tessuto abitativo del borgo è ancora ben leggibile, almeno nella sua fase settecentesca. Diversi isolati si scorgono, alcuni dei quali caratterizzati da edifici di un certo pregio architettonico e volumetrico, da identificarsi probabilmente con le dimore signorili dell’insediamento. In particolare una risulta molto ben conservata: a pianta rettangolare (7,60x13,60), è divisa da un tramezzo in due ambienti, dotati entrambi di un caminetto. Lo sviluppo volumetrico si articola in due piani e sono ben visibili le tracce del solaio che li divideva. Due finestre per piano si aprivano sul lato sud.

Com’è tipico degli insediamenti medievali, a dimore con sviluppo planimetrico e volumetrico di rilievo, si alternano case a schiera e case-torri, divise da stretti vicoli. Si conservano ancora cisterne (a livello dei seminterrati delle abitazioni) e elementi architettonici di pregio.

La viabilità del borgo è invece strettamente legata al suo sviluppo medievale : stretti vicoli dividono i caseggiati, costituendo l’esiguità  dello spazio una possibilità in più di difesa durante gli attacchi. Per questo l’unico spazio aperto allo stato attuale visibile, una specie di piazza localizzata sul versante sud-est dell’abitato, va ricondotto ad una ristrutturazione post-medievale del borgo. Ultima caratteristica di tutte le abitazioni, come anche delle torri e della Chiesa Matrice è la presenza di rinforzi murari (barbacani) appoggiati alle strutture più antiche.

Chiara Raimondo