La ricerca archeologica a Isca sullo Ionio
Isca sullo Ionio, la ricerca intrapresa dai volontari del gruppo archeologico “P.Orsi” di Soverato.
Diventa sempre più difficile riuscire a strappare qualche brandello di territorio alla cementificazione; a Isca sullo Ionio ci siamo riusciti e la ricerca prosegue, a dispetto dei tanti ostacoli che si frappongono tra la nostra determinazione e gli intoppi burocratici.
Nel territorio di Isca s’individuano numerose aree archeologiche relative a frequentazioni umane, cronologicamente collocabili tra l’età greca arcaica e l’età tardo-antica.
L’ampia valle delimitata da due torrenti, il “Salubro” a sud e il “Gallipari” a nord, ha accolto antichi insediamenti a carattere abitativo e difensivo.
Dalle indagini di superficie risulta che le evidenze archeologiche si estendono all’interno e oltre i confini territoriali di Isca; da sottolineare la fattoria ellenistica rinvenuta sotto la chiesa Bizantina di S. Martino, a un Km da Zagaglie, in territorio di Sant’Andrea (paese limitrofo).
Ubicata nel medio golfo di Squillace, tra l’antica Skylletion-Scolacium e l’antica Kaulon-Stilida, il sito di Isca rappresenta la prima evidenza archeologica in un’area ancora poco conosciuta. Tale ricerca, getta nuova luce sulle attuali conoscenze dove, una quasi totale assenza di dati è spiegabile soltanto da una carenza di ricerche sul territorio.
Gli interventi di urbanizzazione, in loc. Zagaglie, hanno provocato la perdita di strutture e manufatti relativi anche a edifici termali, riconoscibili grazie alla peculiarità dei materiali consegnati da privati; si tratta di laterizi, suspensurae termali, tubuli, dolia, anfore, lucerne, ecc. Con l’obiettivo di indagare le strutture rimaste che si estendono nel territorio limitrofo, il Gruppo Archeologico “P.ORSI” di Soverato, ha organizzato cinque campagne di scavo dal 2006 al 2010, sotto la direzione scientifica della Soprintendenza Archeologica della Calabria, auspice il Comune di Isca sullo Ionio.
La nascita dell’insediamento di loc. Zagaglie, si colloca in età Augustea quando, anche per l’ager bruttius, iniziò un periodo di pace e di grande sviluppo economico e le villae romane, sfruttando la presenza di una precedente urbanizzazione, basarono la loro economia sulla produzione di vino, grano e olio.
Gli ambienti venuti finora alla luce sono pertinenti alla “pars fructuaria” di una villa produttiva con diverse fasi di frequentazione che vanno dal I sec. a.C. al IV sec. d.C.
Tra i materiali rinvenuti si evidenzia una moneta Traianea (98-117 d.C.) proveniente da Abydus (Troade), un Dupondio Augusteo (18 a.C.), un Antoniniano di Claudio II il Gotico (III sec. d.C.), un AE 4 di Costantino I (IV sec. d.C.), un “anulus signatorius”, oggetti in bronzo, ceramica fine e da fuoco, sigillata africana, vetro, frammenti di anfore vinarie e una statuetta bronzea di Minerva.
Nell’ambiente centrale due tracce circolari in malta di ca 120 cm di diametro, sono state interpretate come incassi di un torcularium in legno.
Le ipotesi che possiamo al momento proporre vedono questo sito in un contesto ben più vasto.
La sua ubicazione e i riscontri con altre villae produttive come il “Naniglio” di Gioiosa Ionica e la villa di Casignana, la mettono in connessione, forse anche con una statio, alla viabilità romana che collegava Tarentum a Rhegium ed agli insediamenti produttivi che sopravvissero anche dopo la caduta dell’impero romano.
La collaborazione con le Università calabresi ha incoraggiato, negli anni passati, la partecipazione di numerosi studenti allo scavo archeologico ma dobbiamo ringraziare anche il valido contributo dei numerosi volontari provenienti da altre regioni italiane.
Il gruppo archeologico P.Orsi di Soverato, ha già iniziato i preparativi per la V campagna di scavi a Isca sullo Ionio che si svolgerà nella seconda quindicina di agosto.
La sinergia tra l’impegno dei volontari e quello degli enti preposti è sicuramente una formula vincente che consente di coniugare il volontariato con l’esperienza formativa utile agli studenti e alla promozione della ricerca archeologica.
Nel I sec. d.C., anche nel Bruttium cominciarono a nascere le grandi proprietà e l’economia era caratterizzata dal sistema schiavistico che ha avuto prevalentemente presa nei luoghi precedentemente urbanizzati, dotati di infrastrutture come porti e strade.
La villa è un particolare tipo di edificio rurale al centro di grandi proprietà terriere, un’autentica azienda agricola autosufficiente con dei precisi requisiti: doveva essere costruita in un luogo salubre, nelle vicinanze di un corso d’acqua o di una sorgente, non essere lontana dal mare o da un fiume navigabile o da una strada; era infine preferibile che si trovasse vicino a una città e che fosse esposta ai venti benefici e al sole.
Queste ville sono spesso caratterizzate dalla presenza di diversi nuclei edilizi, raccordati tra loro e orientati in maniera diversa; ognuno di questi nuclei sembra avere una destinazione d’uso specifica: rappresentanza, terme, pars dominica, pars rustica, pars fructuaria.
La pars dominica (destinata al dominus e alla sua gens, che prevedeva tutti i comfort), la pars rustica (destinata agli schiavi, agli animali e agli strumenti da lavoro), la pars fructuaria (destinata alla lavorazione e conservazione dei prodotti dell’agricoltura e dell’allevamento).
Al declino dell’economia cittadina fece quindi riscontro il potenziamento di quelle di campagna con un notevole incremento demografico nei nuovi molti centri nati intorno alle città.
Dal III-IV sec. d. C. cominciò ad avvertirsi la grave crisi che avviò la Calabria e gran parte dell’Italia verso la decadenza del basso Impero.(Simona Accardo, Villae romanae nell’Ager Bruttius – Roma 2000)